martedì 13 marzo 2012

SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS ! - NEWSLETTER N.104 DEL 12/03/12





A seguire la newsletter n.104 del 12/03/12 di "Sicurezza sul lavoro ! - Know Your rights !".



In questo numero:

- Ex lavoratori Thyssenkrupp Torino: lettera aperta al sindaco Piero
Fassino

- Merloni, l'altra Eternit

- Lavoro, le malattie che colpiscono le donne

- La formazione che serve al RLS e al RLST

- Guariniello: sentenza Eternit e omissione di cautele
antinfortunistiche

- Attrezzature di lavoro: nuovo accordo per la forma



Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste
notizie a diffonderle in tutti i modi.



La diffusione è gradita e necessaria. L' obiettivo è quello di diffondere il
più possibile cultura della sicurezza e consapevolezza dei diritti dei
lavoratori a tale proposito.



L' unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte:
"Marco Spezia - sp-mail@libero.it"

DIFFONDETE & KNOW YOUR RIGHTS !



Marco Spezia

RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO



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EX LAVORATORI THYSSENKRUPP TORINO: LETTERA APERTA AL SINDACO PIERO FASSINO



Da Mai più Thyssen Krupp

http://maipiuthyssenkrupp.blogspot.com/





giovedì 8 marzo 2012



Al Vice Sindaco T. Dealessandri,

Al Presidente del Consiglio Comunale G. M. Ferraris,

Al Vice Pres. Vicario del Consiglio Comunale S. Magliano,

Al Vice Presidente del Consiglio Comunale G. C. Rattazzi,

Ai Gruppi Consiliari di Di Pietro-IdV, Misto (di Maggioranza), Gruppo
Moderati, Pd, Sel, Fli Verso il Terzo Polo, Lega Nord, Movimento 5 Stelle,
Pdl, Torino Libera, Udc e Alleanza per la Libertà-Verso il Terzo Polo,

alla 3° Commissione Consiliare Permanente (Lavoro, Commercio e artigianato,
Formazione Professionale),

Al Presidente della Provincia di Torino A. Saitta,

Al Partito Democratico di Torino,

Al Responsabile Naz. Lavoro del PD S. Fassina,

Al PD Piemonte,

Al PD Torino,

All'On. A. Boccuzzi,

Alla Segretaria Provinciale del PD e Presidente della Circoscrizione 5 P.
Bragantini,

Alla Segreteria Provinciale del Pd,

All'Addetta Stampa del Gruppo Provinciale di Torino E. Zunino



inviamo per conoscenza la Lettera Aperta degli ex lavoratori ThyssenKrupp di
Torino al Sindaco di Torino Piero Fassino inoltrata in data 7 marzo 2012.





LETTERA APERTA AL SINDACO DI TORINO PIERO FASSINO



Egregio Sig. Sindaco,



chi si rivolge a Lei sono ancora una volta gli ex lavoratori della
ThyssenKrupp di corso Reg. Margherita, ultimi testimoni di ciò che è stata
una delle più tragiche vicende legate al lavoro nel nostro Paese, nella
città simbolo delle lotte operaie e della Resistenza: il rogo del 6 dicembre
2007 in cui persero la vita 7 nostri amici e colleghi, uccisi in nome del
profitto.



Ferita mai del tutto rimarginata, nonostante l'incoraggiamento derivante
dalla condanna in primo grado nei processi ThyssenKrupp ed Eternit, lotte
importanti che hanno prodotto risultati significativi, anche grazie alla
mobilitazione che ne è conseguita: non solo per le condanne ma soprattutto
per una più attenta considerazione da parte dell'opinione pubblica per
quanto concerne la tragica realtà di morti e infortuni nei luoghi di lavoro,
fino a poco tempo fa considerati un vero e proprio tabù. Anche se ancora
molto resta da fare: 4 morti e migliaia di infortuni nei luoghi di lavoro ce
lo ricordano quotidianamente, mentre il Governo pensa di introdurre una vera
e propria deregulation nei controlli sulla sicurezza (Decr. Legge 5/2012
Art. 14), sostituiti da semplici autocertificazioni rilasciate da società
private!



Tutto questo mentre le risorse economiche, grazie ai tagli introdotti dalla
manovra "Salva Italia", sono destinate al risanamento dei disavanzi di
banche e gruppi finanziari e l'introduzione del'IMU, applicabile dal 2013,
per le proprietà commerciali del Vaticano (proprietaria del 30% del
patrimonio immobiliare italiano) che recupererebbe considerevoli risorse,
per ora solleva solo fitte polemiche e, in attesa della sua applicazione,
concede tempo (invece i cittadini pagano subito!) alla Chiesa per trovare
scappatoie e aggirare la Legge, peraltro indicate dal governo stesso, come
quella di non pagare alcuna imposta se l'attività commerciale è svolta in
maniera non commerciale.



Le Amministrazioni Comunali si mostrerebbero realmente "virtuose" qualora lo
sforamento del tetto del Patto di stabilità garantisse maggiori servizi
offerti ai cittadini quali sanità, istruzione, trasporto pubblico e saperi,
accessibili a tutti e a prezzi popolari, ma soprattutto prospettive di
LAVORO, SICURO E DIGNITOSO PER TUTTI (specie per giovani, donne ed
immigrati, i più discriminati) a scapito di banche e istituzioni
finanziarie. Richieste che vanno nella medesima direzione sono pervenute
anche nel corso dei lavori del Forum dei Comuni per i Beni Comuni, promosso
dal Sindaco L. De Magistris E tenutosi a Napoli lo scorso 28 gennaio e dal
quale sono emerse, sia da parte di Amministratori locali di importanti Città
sia di molti cittadini, istanze percepite come fondamentali:

- Beni Comuni (acqua, Internet, saperi e ambiente) intesi come
primari e non privatizzabili,

- democrazia partecipata (lontana dalle scelte "tecniche" dei CdA
delle banche, dei mercati e delle istituzioni finanziarie),

- campagne di disobbedienza come quella contro gli artt. 4-5 della
Legge n. 148/2011 che introduce processi di privatizzazione dei servizi
pubblici locali che, di fatto, va contro la scelta fatta da 27 milioni di
italiani nella giornata referendaria dello scorso 12 giugno,

- centralità del lavoro come misura fondamentale per uscire dalla
crisi.



Proprio su questo ultimo punto, vogliamo ricordarLe che alcuni dei
lavoratori che coraggiosamente hanno portato avanti questa giusta battaglia
civile (costituendosi, per la prima volta in Italia, in qualità di Parti
Civili al fianco degli Enti locali, tutti risarciti con ingenti somme) nel
processo contro la ThyssenKrupp, ancora oggi sono senza un lavoro sicuro e
dignitoso, discriminati per questa presa di posizione.



A questo proposito Lei e la Sua Amministrazione Vi eravate fatti carico,
dopo un incontro avvenuto il 30 giugno scorso e al quale era presente anche
il Funzionario della Fiom-CGIL C. Gonzato, al fine di trovare una soluzione
a questo problema: un lavoro "certo e sicuro, all'interno del percorso della
mobilità", per sanare una situazione che si protrae ormai da 4 anni senza
alcuna soluzione certa per il nostro futuro.

(vedi http://www.tmnews.it/web/sezioni/video/20110630_video_17034053.shtml).



Non siamo qui per "elemosinare" un posto di lavoro: come abbiamo già detto
in altre occasioni, abbiamo sogni ed aspirazioni, competenze e
professionalità che vogliamo mettere al servizio della Nostra Città
nell'ambito della Gran Torino "Capitale del lavoro" da Lei evocata durante
la campagna elettorale.



Sono passati otto mesi e speriamo che tutto questo tempo non sia passato
invano ma sia servito a creare opportunità di lavoro certe per noi tutti.

Per questo chiediamo di fissare un incontro entro breve per discuterne,
seriamente preoccupati che, come accaduto con la precedente Amministrazione,
gli accordi di ricollocazione rimangano lettera morta.



Cordiali saluti.



Torino, 7 marzo 2012

Ex lavoratori ThyssenKrupp Torino



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MERLONI, L'ALTRA ETERNIT



Da Basta morte sul lavoro

http://bastamortesullavoro.blogspot.com/



Martedì, 06 Marzo 2012



AMIANTO: decine di morti sospette alla Merloni di Gaifana e Fabriano. Parte
la causa.



di Francesco Mura



C'è già una battaglia sindacale aperta contro di loro, in nome di assunzioni
e contratti. Ma ora i vertici del gruppo elettrodomestico Antonio Merloni
rischiano di doversi difendere da accuse molto più gravi: lesioni e omicidio
colposo. Per colpa dell'amianto che sarebbe presente negli stabilimenti di
Gaifana (Perugia) e Fabriano (Ancona).



AMIANTO KILLER

L'avvocato Rosa Federici, che cura gli interessi degli ex lavoratori
dell'azienda, ha presentato al tribunale di Perugia una documentata
richiesta in cui vengono elencati una serie di rilievi che puntano il dito
contro ambienti di lavoro malsani e la presenza di pannelli di amianto negli
stabilimenti.



E questo è solo il primo atto di un'altra battaglia giudiziaria sull'onda di
quella nei confronti della Eternit, che si è conclusa il 13 febbraio con 80
milioni di indennizzi alle oltre 5 mila parti CIVILI, e delle altre
inchieste ancora aperte alla Ansaldo, alla Pirelli, all'Atm e all'Officina
grandi riparazioni di Trenitalia.



"Una strada ormai inevitabile", sostengono alcuni ex dipendenti ora in cassa
integrazione o a riposo forzato, "visto che l'azienda ha sempre lasciato
cadere nel vuoto ogni richiesta di chiarimento".



Nella dura requisitoria all'assemblea dei lavoratori, dopo aver lanciato
pesanti accuse ai sindacati, ritenuti quanto meno "inadempienti nella tutela
della salute dei lavoratori", l'avvocato ha assicurato senza mezzi termini
di avere in mano carte che scottano più di un tizzone ardente.



MORTI PREMATURE DI EX DIPENDENTI

A partire dai referti medici degli ex operai (diverse decine) colpiti da
malattie legate all'esposizione continua all'amianto e alle morti premature
di numerosi ex dipendenti.



In particolare, il legale vuole portare in tribunale le testimonianze
dirette degli operai che nel 1995 installarono i pannelli di amianto nei
forni e negli impianti di verniciatura degli stabilimenti Merloni di Umbria
e Marche. Situazione resa ancora più grave dal fatto che i reparti più
importanti erano (e sono) privi di aria condizionata.



E dopo aver lasciato cadere nel vuoto la richiesta di una perizia tecnica
sui luoghi di lavoro, l'azienda avrebbe deciso di vendere gli impianti senza
che nulla sia ancora stato fatto per metterle in sicurezza. Motivo, questo,
che ha spinto l'avvocato Federici a chiederne il blocco, per evitare che le
maestranze continuino a essere esposti ai rischi dell'amianto.



LA STORIA DI PATRIZIA, UN LINFOMA DOPO 16 MESI ALLA MERLONI

Patrizia, 47 anni, di Nocera Umbra, ha lavorato alla Merloni per circa un
anno e mezzo, 11 mesi alle dipendenza dirette e altri cinque con contratti
interinali. Dopo un paio di mesi dal licenziamento, lo scorso anno, ha
scoperto una ghiandola sotto la gola. Che poi sono diventate cinque, 10,
molte di più.



In un primo momento, sembrava fosse leucemia. Ma poi la diagnosi è cambiata:
linfoma. Anche Patrizia, come tanti altri lavoratori della Merloni, ha
scoperto di essere stata colpita da un tumore. Un calvario lungo e doloroso,
in cui ha subito anche due interventi chirurgici.



Con una domanda che non smette di torturarla: la causa scatenante è stato
l'ambiente malsano della Merloni? "Non so se a scatenare il tumore sia stato
l'amianto presente in fabbrica», spiega Patrizia a Lettera43.it, «ma di
sicuro sono già tantissimi i lavoratori della Merloni morti per cancro e
altrettanti quelli che lottano per combatterlo. E non può essere un caso".



UNA BATTAGLIA DIFFICILE.

Nella stessa situazione c'è anche Anna (nome di fantasia), ex operaia
Merloni impegnata su due fronti: giudiziario e sanitario. Come Patrizia, si
trova a combattere una guerra difficile contro un nemico invisibile: il
cancro. Lo stessa che ha già ucciso suo marito, anche lui ex dipendente
Merloni.



La donna non vuole parlare della sua esperienza in fabbrica, per non
rivivere i momenti dolorosi che le hanno rovinato l'esistenza. Ma continuare
a lottare per un diritto che nessuno può negarle: quello di conoscere la
verità.



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LAVORO, LE MALATTIE CHE COLPISCONO LE DONNE



Da Rassegna.it

http://www.rassegna.it/index.cfm



Dalla lombalgia alla depressione, sono molteplici le patologie di cui
soffrono le lavoratrici. Le evidenzia una ricerca di Cgil, Cisl e Uil
Piemonte ("Donna P.E.R.LA.)



di Marco Togna



LAVORO, LE MALATTIE CHE COLPISCONO LE DONNE

Movimenti ripetuti, posture incongrue, ritmi di lavoro intensi. Ma anche, e
soprattutto, scarsa autorità decisionale, basse possibilità di utilizzo
delle proprie abilità tecniche, riconoscimento del proprio operare del tutto
insufficiente. Di questo soffrono le donne che lavorano, in un arco di
patologie che va dalla lombalgia alla depressione.

Carichi di lavoro cui aggiungono - perché sono loro a compierle in
maggioranza ancora oggi - le "mansioni" che svolgono a casa, come
l'assistenza a genitori e suoceri o le faccende domestiche. A rivelare
questa condizione - non nuova in verità, ma stavolta indagata in modo
davvero particolareggiato e approfondito - è la ricerca "Donna P.E.R.LA"
(Prevenzione e rischi sul lavoro), realizzata da Cgil, Cisl e Uil del
Piemonte, con la collaborazione della Regione, della Consigliera di Parità
regionale, dell'Epidemiologia Piemonte e dell'Inail. Uno studio a tutto
campo, centrato sulle differenze di genere e sull'universo femminile, utile
a individuare (per sindacati e governi locali) piattaforme e strategie
possibili per la riduzione dei disagi fisici e psichici.


LA RICERCA E IL CAMPIONE

"Donna P.E.R.LA" nasce dall'esigenza di indagare la condizione di salute e
sicurezza delle donne lavoratrici in alcune realtà del Piemonte, con
particolare attenzione ai settori a elevata occupazione femminile
(trasformazione e conservazione alimenti, imprese di pulizia, assistenza ad
anziani e infanzia, tessile, commercio e grande distribuzione,
metalmeccanica), in rapporto alla situazione dei lavoratori maschi. Un
lavoro, condotto da giugno a settembre del 2010, realizzato su 25 aziende
(con gruppi importanti come Caffarel, Ferrero, Valentino, Colussi, Auchan,
Zegna, Carrefour), mediante la somministrazione di 1.874 questionari,
distribuiti nel corso di assemblee sindacali. Progettato in cinque sezioni
distinte, il questionario è stato articolato in 186 domande, finalizzate a
conoscere aspetti come l'ambiente e l'organizzazione del lavoro, i problemi
di salute, le caratteristiche socio-demografiche e gli stili di vita.


Il campione è composto perlopiù da donne (79,2 per cento), con un'età media
di 41,8 anni. Il livello socioeconomico degli intervistati appare piuttosto
basso, sia per quanto riguarda l'istruzione (solo il 26 per cento possiede
un diploma o una laurea) sia per il reddito (solo il 21 per cento dichiara
di arrivare a fine mese senza difficoltà). Da segnalare, inoltre, la
sproporzione tra maschi e femmine nella cura dei figli (51 per cento tra le
donne contro il 33 degli uomini), nell'assistenza a familiari disabili o
anziani, nello svolgimento dei lavori domestici (97 per centro tra le donne
contro il 73 degli uomini).


SITUAZIONE CONTRATTUALE E LAVORATIVA.

Oltre l'80 per cento del campione è a tempo indeterminato e con anzianità
superiore a quattro anni. La stragrande maggioranza lavora più di 35 ore
alla settimana, il 60 per cento è adibito a turnazioni (di cui più della
metà anche di notte). Riguardo la formazione, il 61 per cento ha seguito
corsi sulla sicurezza negli ultimi tre anni (con una partecipazione più alta
tra gli uomini). Quasi il 90 per cento del campione è a conoscenza
dell'elezione del Rls (anche se solo il 72 per cento sa dirne il nome),
mentre meno di un quarto conosce il Rlst. Infine la stabilità del lavoro: il
30 per cento ritiene il proprio posto a rischio (con punte elevate nel
commercio e nel tessile); il 41 per cento riferisce che l'azienda in cui
lavora è ricorsa alla cassa integrazione, il 33 alla mobilità, il 12 a
licenziamenti.


RISULTATI GENERALI

Gli occupati nei settori indagati presentano in generale un'esposizione a
fattori ergonomici e psicosociali peggiore di quella dei lavoratori di altri
comparti. I livelli sono particolarmente elevati per le donne, soprattutto
per quanto riguarda sia alcuni aspetti fisici (come i movimenti ripetuti o
le posture incongrue) sia le questioni legate all'organizzazione del lavoro
(ritmi intensi, bassa autonomia decisionale, scarso uso delle proprie
competenze e abilità). La ricerca evidenzia anche le notevoli differenze tra
uomini e donne nell'esposizione a specifici rischi, differenze - spiega la
ricerca - che suggeriscono "una segregazione di genere nei compiti svolti,
che appare più spiccata in alcuni settori, tra cui l'alimentare, il
metalmeccanico e le pulizie".


Situazione analoga si presenta per le condizioni microclimatiche avverse e
gli inquinanti fisico-chimici. Per quanto concerne il primo elemento, una
quota elevata di lavoratori dichiara di operare in condizioni sfavorevoli,
soprattutto riguardo alla temperatura estiva (49 per cento), all'umidità
(44) e al ricambio d'aria (40). Per quanto concerne il secondo, il 60 per
cento del campione riferisce di essere esposto a polveri (con livelli più
alti per le donne dei settori tessile e pulizie), il 24 a vapori di
solventi, il 17 a fumi. La ricerca segnala, in particolare, che "tra i
soggetti esposti ad alte concentrazioni di polveri, vapori di solventi o
fumi, solo un terzo riferisce che nella propria principale postazione di
lavoro sono presenti sistemi di aspirazione localizzata efficienti o accesi
regolarmente".



Altro tema importante è quello dello scarso utilizzo di macchinari e
strumenti di protezione. Quasi il 50 per cento dei lavoratori è esposto a
rumore sempre o spesso elevato, eppure ben il 46 per cento non usa "mai" i
dispositivi di protezione acustica (come tappi e cuffie), un segnale -
suggerisce l'indagine - che "indicherebbe che in diverse aziende la
formazione sulla sicurezza non sia stata realizzata in maniera efficace". Lo
stesso si può dire a proposito della bassa percentuale di utilizzo dei
dispositivi di sollevamento, anche quando disponibili, tra i soggetti
esposti a sollevamento di persone.


Le donne sono le più interessate (in negativo) ai fattori ergonomici. In
generale, un quarto del campione (sia maschi sia femmine) solleva o
movimenta carichi pesanti per almeno due ore al giorno, oltre la metà piega
o ruota spesso il busto, due terzi compie movimenti ripetitivi con le mani,
il 35 per cento fa sforzi muscolari molto intensi. Di tutti questi movimenti
solo il sollevamento/movimentazione carichi è più diffuso tra gli uomini,
mentre tutti gli altri sono più frequenti per il personale femminile, in
particolare per ciò che riguarda i movimenti ripetuti con le mani (ben il 76
per cento delle donne).


L'ultimo aspetto analizzato è quello dei fattori psicosociali. Il campione
evidenzia in generale (se confrontato con i valori presenti in letteratura)
un'elevata esposizione "a caratteristiche psicosociali sfavorevoli,
soprattutto per quanto riguarda l'autorità decisionale e la possibilità di
sviluppare le proprie abilità tecniche, il grado percepito di riconoscimento
del proprio lavoro, il supporto da parte dei supervisori, i conflitti
casa-lavoro, la giustizia nella risoluzione dei conflitti e nella
distribuzione dei carichi di lavoro". Solo qualche dato: il 60 per cento
riferisce che il proprio ritmo di lavoro è determinato da una macchina, il
65 lavora sempre o spesso a un ritmo elevato, il 61 non può prendere
iniziative personali, il 69 non è informato dall'azienda con sufficiente
anticipo su decisioni o cambiamenti importanti. Per quanto riguarda lo
specifico femminile, l'analisi ha evidenziato "esposizioni più elevate tra
le donne soprattutto per ritmi di lavoro intensi, scarsa autorità
decisionale, bassa possibilità di utilizzo delle proprie abilità tecniche e
scarso riconoscimento del proprio lavoro".


LE PATOLOGIE

Una quota importante del campione riferisce di essersi sentito nell'ultimo
mese sempre o spesso sfinito (50 per cento) o esausto emotivamente (40),
mentre il 31 per cento dichiara di sentirsi spesso scoraggiato e triste.
Aggiungiamo altri due dati di contesto. Il primo: la media di assenze per
malattia nell'ultimo anno è di 10,8 giorni, con una quota superiore tra le
donne (11,3 giorni, contro l'8,8 degli uomini). Il secondo: il 6 per cento
ha subìto nell'ultimo anno almeno un infortunio, con una prevalenza tra gli
uomini (8,7 per cento, contro il 4,7 delle donne); il settore più pericoloso
è quello delle pulizie (20 per cento), il più sicuro è la metalmeccanica
(3,6).


Passiamo ora alle malattie, iniziando dai disturbi all'apparato
muscolo-scheletrico. L'analisi rileva un'alta prevalenza di queste patologie
(per almeno quattro giorni nell'ultima settimana), in particolare a carico
delle regioni cervicale (37 per cento) e lombare (29), di spalle (31) e
polsi/mani (25). Sono disturbi tipicamente femminili: le donne soffrono in
più larga misura di lombalgia (30 per cento, contro il 22 degli uomini) e di
patologie dell'arto superiore in genere (59 per cento, contro il 37 degli
uomini). Tra i settori, i più colpiti sono quelli delle pulizie,
dell'assistenza e della metalmeccanica.


Altri apparati fisici sotto pressione sono quelli uditivo, cutaneo e
respiratorio. Un quarto degli intervistati lamenta una riduzione dell'udito,
il 15 per cento la presenza di fischi o ronzii. Riguardo il secondo, eczemi
o altre forme di allergia cutanea sono riportati dal 30 per cento del
campione (di cui oltre la metà con una durata di almeno sei mesi),
concentrati soprattutto su mani, avambracci e collo, perlopiù nei settori
pulizie e commercio. Infine, l'apparato respiratorio: il 17,9 per cento
presenta sintomi di bronchite cronica e il 17,6 di asma bronchiale, due
patologie particolarmente diffuse tra le donne impiegate nel settore pulizie
(rispettivamente 39,4 e 47 per cento).



Gli ultimi aspetti analizzati sono la depressione e l'abuso di alcolici, la
gravidanza e la maternità. L'8 per cento degli intervistati risulta essere
affetto da depressione, con una netta prevalenza delle donne (9 per cento,
contro il 4 degli uomini), in particolare tra le lavoratrici del settore
pulizie (18 per cento). Riguardo i problemi di alcolismo, questi sono
riferiti dal 9 per cento del campione (in maggioranza uomini). Concludiamo
con la gravidanza: il 42 per cento delle lavoratrici ha smesso di lavorare
entro la fine del terzo mese, mentre circa un terzo ha continuato a lavorare
oltre il sesto mese. Il 16 per cento delle donne, infine, riferisce di aver
subìto discriminazioni al rientro dall'ultima maternità: di queste, il 73
per cento in forma di cambiamenti della mansione, il 75 di cambiamenti della
postazione di lavoro, il 62 di orari.



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LA FORMAZIONE CHE SERVE AL RLS E AL RLST



Dal Blog di Luca salutesicurezzalavoro

http://salutesicurezzalavoro.over-blog.it/



Tuesday 6 march 2012



Le attività di formazione in materia di salute e sicurezza nel lavoro, per
essere efficaci, richiedono metodologie basate sulla partecipazione attiva
dei discenti.



Il RLS ha diritto ad una Formazione particolare in materia di salute e
sicurezza così come precisato dall'articolo 37, comma 10 del D.Lgs.81/08. Le
modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del RLS sono
stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale (articolop 37,
comma 11 D.Lgs.81/08). Tale formazione "dovrebbe" permettere al RLS di poter
raggiungere adeguate conoscenze circa i rischi lavorativi esistenti negli
ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, adeguate competenze sulle
principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi, nonché
principi giuridici comunitari e nazionali, legislazione generale e speciale
in materia di salute e sicurezza sul lavoro, principali soggetti coinvolti e
relativi obblighi e aspetti normativi della rappresentanza dei lavoratori e
tecnica della comunicazione.



Solo alcuni appunti per fissare alcune priorità che sono venute emergendo in
questi ultimi anni.



Come abbiamo visto i corsi di 32 ore, allorquando vengono fatti anche in
modo coscienzioso non sono affatto sufficienti per fornire al RLS aziendale
una strumentazione strutturata formata da metodologie d'intervento e da
conoscenze che lo pongano in condizione di svolgere in modo autonomo il
ruolo di rappresentanza di scopo dei lavoratori. Una parte dei RLS hanno
supplito a queste mancanze sia in quanto dispongono di una buona formazione
scolastica (diplomati , periti meccanici) sia con lo studio individuale.

E' palese che 32 ore di formazione affidate a consulenti rappresentino molto
spesso un flusso di nozioni e di procedure che vengono riversate con scarsa
coerenza e attenzione rispetto al ruolo di rappresentanza di scopo che
questi lavoratori si troveranno a svolgere.

In diversi casi i moduli di 32 ore sono out of control rispetto alla qualità
e ai contenuti sia tecnici sia relazionali.



Cerchiamo di descrivere ciò che potrebbe essere un percorso coerente e utile
per tutti i partner sociali di apprendimento a svolgere il ruolo di
rappresentanza di RLS.



Il primo aspetto riguarda l'effettività della consultazione sulla
valutazione dei rischi.

E' da questo aspetto che occorre dare inizio alla implementazione delle
capacità del RLS. Il DVR viene costruito con criteri in genere decisi
unilateralmente dal tecnico aziendale incaricato o dal consulente esterno
che opera su committenza del datore di lavoro.

Perché vi sia un apporto serio e costruttivo il RLS dovrebbe apprendere a
svolgere una prima analisi dei rischi rilevabili senza strumentazioni
tecniche e raccogliendo e organizzando le informazioni provenienti dai
lavoratori. Questo è il primo passo per fare sì che la "rappresentanza di
scopo del RLS" non sia un ruolo burocratico e subalterno. Per fare questo
occorre per ogni settore che vi sia l'apprendimento di una metodologia di
analisi empirica del luogo di lavoro tramite una check list ragionata, con
quesiti aperti rispetto ai rischi fisici, chimici, da sforzo fisico, ecc.

Si tratta di fare evolvere il collaudato modello di gestione sindacale degli
anni 70 basato sulla individuazione dei 4 gruppi di fattori di rischio alla
realtà attuale dei luoghi di lavoro che presentano modalità organizzative
assai più complesse e difficili da gestire in ragione della "frantumazione
dei cicli produttivi".



In buona sostanza occorre fornire un "alfabeto" di nuova generazione che
consenta al RLS di leggere la propria realtà aziendale in relazione non solo
ai rischi fisici, chimici, da movimentazione carichi ma anche ai rischi da
organizzazione del lavoro in senso lato. Questa lettura non può avvenire
come azione solitaria e isolata ma con l'apporto e la partecipazione dei
lavoratori. Un percorso di costruzione di una relazione coi lavoratori che
richiede molto impegno ma che risulta essere quello più efficace: il
percorso della crescita assieme. L'informazione e la formazione dei
lavoratori e delle lavoratrici per lavorare in sicurezza rappresenta l'altra
grande criticità che richiede una svolta radicale nei comportamenti delle
aziende che eludono troppo spesso, nella sostanza, questa azione necessaria.

Lo schema riduttivo in uso in molte realtà aziendale fissa confini delle
politiche di prevenzione alla sola pratica antinfortunistica tramite la
messa in campo di prescrizioni "comando controllo" che prescindono dai
determinanti di rischio generati dalla organizzazione del lavoro, carichi e
ritmi di lavoro, orari e turni , ecc.

Per questi motivi non può più essere delegata alle sole imprese o a
consulenti agnostici la formazione di una rappresentanza di scopo tanto
delicata.



Rappresentare significa sapere ascoltare, spiegare, informare e richiedere
informazioni, rappresentare ai dirigenti problemi da risolvere o formulare
proposte di soluzione dei problemi sollevati: è un "lavoro" aggiuntivo
gravoso per chi come i RLS non lo fa a tempo pieno.

Nel D.Lgs.81/08 sono poi previste altre figure di rappresentanza per
rappresentare i siti complessi come il RLS di sito e il RLST territoriale.
Per quanto riguarda l'esperienza RLST rivolta alle aziende artigiane e alle
Pmi molti sono stati gli interrogativi e le simulazioni sulle possibilità di
funzionamento in territori noti.

Anche per queste figure è emersa l'esigenza di definire moduli formativi
coerenti e utili allo svolgimento della loro attività che solo in parte è
sovrapponibile a quella del RLS che opera a livello aziendale.



La rappresentanza aziendale è funzionale alla gestione della sicurezza in
ambiente di lavoro, la rappresentanza di sito e territoriale è funzionale al
coordinamento e al governo di sistema della prevenzione dei rischi
interferenziali e alle specificità.



Solo se si sapranno articolare in modo adeguato i compiti e la formazione
mirata ai ruoli da svolgere si riuscirà a fare decollare queste nuove figure
di rappresentanza di scopo che hanno ruoli e funzioni diverse rispetto alla
tipologia di RLS che conosciamo.

Infatti i compiti e gli obiettivi dei RLS di sito sono compiti che potremmo
definire di secondo livello rispetto alla gestione della sicurezza delle
singole unità operative o aziende che operano nel sito. Non esiste allo
stato dell'arte un "mansionario" ed un modus operandi codificato del RLS di
sito, non esiste un'esperienza empirica: la formazione , i moduli formativi
possono essere costruiti passo passo monitorando le esigenze e i fabbisogni
formativi dei RLS di sito.

Tra i partecipanti del corso la istituzione del RLS di sito veniva prevista
per alcune aziende metalmeccaniche del settore siderurgico.



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GUARINIELLO: SENTENZA ETERNIT E OMISSIONE DI CAUTELE ANTINFORTUNISTICHE



Da Punto Sicuro:

http://www.puntosicuro.it



Anno 14 - numero 2809 di martedì 06 marzo 2012



PuntoSicuro intervista Raffaele Guariniello, sostituto procuratore e
coordinatore del pool relativo alla sicurezza sul lavoro presso la Procura
di Torino. L'impatto della sentenza e l'omissione dolosa di cautele
antinfortunistiche.

Torino, 6 Marzo 2012



Il pool di magistrati della Procura di Torino coordinato dal sostituto
procuratore Raffaele Guariniello - un gruppo specializzato nei problemi
relativi alla sicurezza sul lavoro e alla tutela del consumatore - è alla
base delle più importanti indagini e delle più significative sentenze in
materia di sicurezza sul lavoro, prime fra tutte la sentenza ThyssenKrupp e
la sentenza Eternit.

La recente sentenza del 13 febbraio 2012, relativa al processo Eternit, è
infatti una sentenza molto importante che avrà grandi ripercussioni non solo
nelle aule giudiziarie italiane, ma anche nelle aule giudiziarie di altri
paesi europei ed extraeuropei.



PuntoSicuro nei giorni scorsi ha presentato le imputazioni - disastro
ambientale doloso e omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche -
e le condanne ai due imputati il magnate svizzero Stephan Schmidheiny e il
barone belga Louis de Cartier De Marchienne.

Abbiamo inoltre intervistato il Procuratore Capo della Repubblica presso il
tribunale di Torino Gian Carlo Caselli sul senso della sentenza, sul rischio
di smantellamento del pool e sulle norme sulla responsabilità civile dei
magistrati.



Non potevamo tuttavia astenerci dal raccogliere qualche commento e
approfondimento dalla viva voce del Dott. Raffaele Guariniello, che abbiamo
intervistato nei giorni scorsi. Un'intervista che non parla solo di Eternit
e che, per questo motivo, abbiamo deciso di dividere in due parti.

In questa prima parte non solo chiediamo al magistrato l'impatto nazionale e
internazionale della sentenza, ma cerchiamo anche di approfondire il tema
delle potenzialità applicative dell'articolo 437 del Codice Penale (
omissione dolosa di cautele antinfortunistiche).



PUNTO SICURO

Dopo aver parlato con il Procuratore Capo della Repubblica Gian Carlo
Caselli di responsabilità civile dei magistrati e dei rischi di
smantellamento del pool torinese che si occupa di sicurezza sul lavoro, con
il dottor Guariniello torniamo a parlare di sentenza Eternit, soffermandoci
su alcuni punti significativi e cercando di capire di cosa il pool si sta
occupando ora. Molti, ad esempio, il Ministro della Salute Renato Balduzzi,
hanno parlato, come per il caso Thyssen, di sentenza storica. E lei stesso
ha detto che con questa sentenza si realizza un sogno. Ci può raccontare,
dal suo punto di vista, quali sono i punti più importanti e innovativi della
sentenza e quale sarà il suo impatto sul piano nazionale e internazionale.

RAFFAELE GUARINIELLO

L'importanza è dovuta ad alcuni fattori, primo la dimensione, il numero di
morti, l'estensione del disastro che hanno una portata che non si era mai
vista in altri processi. Poi ci sono altri elementi. Il fatto che sia stato
contestato il dolo (.) con particolare riferimento al profilo relativo
all'individuazione dei soggetti responsabili. Riconoscendo il dolo si
attribuisce la responsabilità per forza di cose alla politica aziendale
della sicurezza. E quindi entrando in gioco la politica aziendale della
sicurezza entrano in gioco i vertici, i soggetti che effettivamente hanno
esercitato poteri decisionali (.) nella gestione degli stabilimenti. Il
fatto che sia contestato il dolo ha determinato anche un impatto sul regime
sanzionatorio. Per cui si è arrivati ad una condanna ad una pena (.)
equiparabile alla condanna della Thyssenkrupp dove pure era stato contestato
il dolo (.).

Questi sono alcuni degli aspetti. Poi c'è un altro aspetto molto importante,
il fatto che, a differenza di altri processi che pure abbiamo fatto noi o
altri, noi abbiamo un disastro (.) in cui sono coinvolte intere popolazioni
residenti, in particolare nello stabilimento di Casale Monferrato.



P.S.

C'erano molti giornalisti anche stranieri alla lettura della sentenza.
Sembra che l'impatto della sentenza possa essere dirimente non solo in
Italia.

R.G.

Certamente. Sabato mattina scorso sono stato a Parigi, dove ho tenuto una
conferenza proprio sulle nuove frontiere del diritto penale, in particolare
riguardo ai casi Thyssen ed Eternit e lì ho potuto riscontrare come queste
sentenze abbiano avuto, abbiano e avranno un impatto a livello
internazionale.

Basta considerare il fatto che l'amianto è un problema che non è solo
italiano, è un problema che si pone in tanti paesi di tutto il mondo, in
Europa e fuori d'Europa.

È indubbio che questo processo, questa sentenza hanno dimostrato la
possibilità di fare un processo penale, hanno dato speranza a tanta gente di
poter avere giustizia, di poter aver riconosciuto un proprio diritto. E
quindi siccome ci sono stabilimenti di questo tipo un po' dappertutto nel
mondo è chiaro che c'è un interesse eccezionale verso questo processo.

Basti pensare, ad esempio, che in Francia i giornali si sono interrogati sul
perché in Italia eravamo già arrivati alla sentenza e in Francia per lo
stabilimento Eternit si (.) era ancora in fase di istruttoria. È indubbio
che questo processo sia un punto di riferimento per tutti i paesi del mondo.

La mia speranza è anche che sia solo il primo di tanti processi che si
faranno in tutto il mondo.



P.S.

Entrerei nello specifico di una delle accuse nel processo Eternit: omissione
volontaria delle cautele antinfortunistiche. Ci può raccontare in breve in
cosa è consistita questa omissione volontaria e quale sono le potenzialità
applicative dell'articolo 437 c.p. (omissione dolosa di cautele
antinfortunistiche) nella giurisprudenza post Thyssen ed Eternit.

R.G.

Beh sì, un altro aspetto significativo dei due processi, e in particolare
del processo Eternit, sta nel fatto che abitualmente in questa materia della
sicurezza si contestano i reati di omicidio colposo, di lesione personale
colposa. Noi in questi due processi abbiamo messo in luce da una parte la
possibile consistenza del dolo e dall'altra abbiamo utilizzato delle norme
che non sono norme nuove, ma sono due norme che sfruttano il codice penale
del 1930. Non si tratta di reati nuovi, si tratta però di norme che non sono
mai state contestate in relazione alla sicurezza. Una di queste è
indubbiamente il 437 codice penale, in relazione alla omissione di misure di
prevenzione, ad esempio in merito alle ispezioni (.).



P.S.

Quali sono i casi più eclatanti di omissione nel processo Eternit?

R.G.: Entrare così nel dettaglio non mi sembra il caso. Ci sono tanti
aspetti e profili specifici che sono emersi nel corso del dibattimento.



P.S.

Beh, riguardo al dibattimento mi pare sia emerso che alla base di questa
omissione di cautele ci fosse l'idea che un uso controllato dell'amianto
potesse far male solo a chi ne abusasse e che fosse importante non allarmare
i lavoratori.

R.G.: Noi abbiamo mosso questa accusa di non aver adeguatamente informato i
lavoratori e le popolazioni. E mi sembra di capire dal dispositivo che il
tribunale l'abbia condivisa.



P.S.

Sempre riguardo a Eternit si è parlato anche di un possibile processo
Eternit bis in cui la nuova inchiesta potrebbe ipotizzare non più il
disastro doloso e l'omissione volontaria di cautele nei luoghi di lavoro, ma
anche l'omicidio.

R.G.: In questo caso non si fa più il discorso di questi reati collettivi,
ma si sta valutando la possibilità di contestare l'omicidio.



Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto



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ATTREZZATURE DI LAVORO: NUOVO ACCORDO PER LA FORMAZIONE



Da Punto Sicuro:

http://www.puntosicuro.it



Anno 14 - numero 2805 di mercoledì 29 febbraio 2012



Approvato l'Accordo Stato Regioni, in attuazione del D.Lgs. 81/08, in merito
alla formazione dei lavoratori che impiegano attrezzature di lavoro per le
quali è richiesta una specifica abilitazione: i requisiti minimi della
formazione, anche in e-learning.

La Conferenza Stato Regioni del 22 febbraio scorso ha approvato un nuovo
accordo che individua le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una
specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il
riconoscimento di questa abilitazione. L'accordo definisce inoltre i
soggetti formatori, la durata, gli indirizzi e i requisiti minimi di
validità della formazione da erogare a questi lavoratori.



L'Accordo fa parte dei numerosi provvedimenti attuativi del Decreto
Legislativo 9 aprile 2008 n. 81 che ancora mancano per la sua completa
attuazione (si veda il riepilogo delle attività in corso di elaborazione
dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro
e l'intervista di PuntoSicuro al Dott. Lorenzo Fantini del Ministero del
Lavoro in merito ai decreti attuativi attesi).



Il recente accordo arriva a completamento del precedente del 21 dicembre
2011 sulla formazione di base dei lavoratori, che non disciplina la
formazione "prevista dai titoli successivi al I del D.Lgs n. 81/08 o da
altre norme, relative a mansioni o ad attrezzature particolari". Questo
accordo è quindi in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del D. Lgs.
81/2008 "Informazione, formazione e addestramento" in merito all'uso delle
attrezzature di lavoro.



L'Accordo dovrà ora essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e secondo
quanto indicato al punto 13 dell'Allegato A, entrerà in vigore dopo 12 mesi
dalla data di pubblicazione.

Ma è però previsto un ulteriore tempo limite di 24 mesi entro il quale i
lavoratori, che alla data di entrata in vigore dell'accordo sono incaricati
dell'uso di queste attrezzature, dovranno effettuare i corsi.



L'accordo riconosce infatti la formazione già effettuata solo se conforme ai
nuovi requisiti (si veda il punto 9 formazione pregressa), prevedendo in
caso di formazione difforme specifici corsi integrativi da svolgere entro 24
mesi.



LE ATTREZZATURE DI LAVORO INDIVIDUATE

In merito alle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica
abilitazione degli operatori l'Accordo prevede questo elenco:

- Piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE)

- Gru a torre

- Gru mobile

- Gru per autocarro

- Carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo (a braccio
telescopico, industriali semoventi, sollevatori/elevatori semoventi
telescopici rotativi), tra cui, quindi, anche i cosiddetti "muletti"

- Trattori agricoli o forestali

- Macchine movimento terra (escavatori idraulici, a fune, pale
caricatrici frontali, terne, autoribaltabile a cingoli)

- Pompe per calcestruzzo.



I SOGGETTI FORMATORI

Rispetto ai requisiti dei soggetti formatori fissati dall' accordo sulla
formazione dei lavoratori in attuazione dell'articolo 37 del D.Lgs. 81/2008,
questo nuovo accordo ne prevede di più specifici. È infatti stabilito che
solo alcuni soggetti formatori possono erogare la formazione:

oltre a quelli istituzionali (Il Ministero del lavoro, l'Inail, le Regioni e
le Province, ecc) sono previsti anche gli organismi paritetici e gli enti
bilaterali, le associazioni sindacali, gli ordini e i collegi professionali,
pur con alcune limitazioni previste dal punto 1 dell'accordo.



Sono inoltre abilitati gli enti di formazione accreditati presso i sistemi
regionali con una esperienza minima di 3 anni nel settore specifico o di 6
anni in materia di sicurezza e salute sul lavoro.


IL PERCORSO FORMATIVO

Il percorso formativo prevede vari moduli teorici e pratici con verifiche
intermedie e finali i cui contenuti variano in riferimento alla tipologia di
attrezzature.



Per alcuni moduli teorici è prevista la possibilità di erogare la formazione
in modalità e-learning: modulo giuridico normativo (1 ora) e modulo tecnico
(2, 3, 6 o 7 ore in funzione della tipologia di attrezzature).



LA DURATA DELLA VALIDITÀ DELL'ABILITAZIONE E L'AGGIORNAMENTO DELLA
FORMAZIONE

L'Accordo prevede che l'abilitazione sia rinnovata ogni 5 anni dalla data di
rilascio dell'attestazione dell'abilitazione, a condizione che sia svolto un
corso di aggiornamento della durata minima di 4 ore di cui almeno 3 ore
relative agli argomenti previsti dai moduli pratici.


Pietro de' Castiglioni





Il documento "Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni
e le Province Autonome di Trento e di Bolzano - Accordo del 22 febbraio 2012
concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è
richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per
il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli
indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione
dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e
successive modifiche e integrazioni" è scaricabile all' indirizzo:

http://www.statoregioni.it/Documenti/DOC_035259_53%20csr%20punto%2012.pdf

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