mercoledì 14 marzo 2012

Morti sul lavoro: Brescia «caso» nazionale


L'INDAGINE. I dati dell'ultimo biennio sotto la lente dell'Osservatorio sicurezza di Vega Engineering: cantieri e aziende agricole restano i luoghi più a rischio. È la prima provincia d'Italia per numero di tragedie ma in rapporto all'altissima densità degli occupati è «soltanto» 34esima nella graduatoria del rischio
14/03/2012

Infortuni sul lavoro: una strage senza fine in provincia di Brescia Brescia. La macabra contabilità è simile a un bollettino di guerra: tragica e inarrestabile. Ma l'analisi statistica offre uno spiraglio di speranza. In rapporto alla «popolazione» degli occupati, suoi luoghi di lavoro bresciani si muore meno che in altre aree italiane. Si tratta di una conferma indiretta dell'efficacia della campagna di prevenzione e controlli delle norme di sicurezza che tuttavia mitiga solo in parte la preoccupazione per un dato assoluto da «brividi». Unico a livello nazionale.
NEL 2010 BRESCIA è stata la terza provincia per numero di «morti bianche»: su 526 tragedie avvenute sul territorio italiano, 17 hanno avuto come teatro la nostra provincia. L'anno scorso è andata peggio con 18 vittime che hanno proiettato il Bresciano ai vertici della graduatoria nazionale di tragedie sul lavoro. Un triste primato confermato anche dal dato su scala biennale: 35 vittime contro le 33 di Bolzano e le 32 di Roma. L'affresco a tinte fosche, l'ennesimo sulle morti bianche, è tracciato dalla recente indagine dell'Osservatorio sicurezza sul lavoro di Vega Engineering, società mestrina da oltre un decennio in prima linea sul fronte della formazione dei lavoratori.
FRA LE REGIONI - stando alle rilevazioni del 2011 che non tengono conto degli infortuni mortali «in itinere» -, la Lombardia continua a pagare il più alto dazio di vite al lavoro (72 decessi), seguita da Emilia Romagna e Piemonte (49) e Veneto (45). Ma quando gli esperti di Vega Engineering rapportano le «morti bianche» al numero degli occupati, a svettare è la Valle d'Aosta con un indice di incidenza pari a 70,1. Nel Lazio il risultato più virtuoso: 15,5. In questa graduatoria, su scala provinciale che in pratica registra il rischio statistico di morte sul luogo di lavoro, Brescia con i suoi 530.190 occupati scivola al 34esimo posto con un indice di 34, ovvero poco sopra la media nazionale pari al 27,4, ma in decisa ascesa rispetto a quel 32,1 che nel 2010 aveva posizionato la nostra provincia al 38esimo posto. Il tasso di mortalità più alto nell'ultimo anno si registra a Nuoro con un indice del 88,1. Indicatori decisamente più virtuosi si registrano nelle grandi province: Napoli (15,4), Milano (7,4) e Roma (7).
NEL BIENNIO, il tasso di incidenza della mortalità a Brescia è stato di 33. Nel corso della settimana, l'andamento degli infortuni mortali nel Bresciano indica nel venerdì il giorno statisticamente più funesto. Seguono il mercoledì e il martedì. Cantieri e aziende agricole, dove si è complessivamente verificato il 75% delle tragedie del biennio, sono i luoghi di lavoro più a rischio. C'è poi un aspetto che deve far riflettere alla vigilia del varo della riforma del mercato del lavoro che andrà ad incidere sulla figura degli apprendisti abbassando l'età di ingresso al lavoro.
«LE PROBABILITÀ di un evento mortale per un giovane lavoratore - si legge nella relazione della Vega Engineering - è il 62% più alta tra gli addetti che hanno una età compresa fra i 25 e 44 anni. È questo un aspetto inquietante se si pensa che questi ragazzi non hanno l'esperienza per valutare se stiano operando in condizioni di sicurezza. Diventano così del tutto dipendenti in materia di prevenzione dei loro superiori o datori di lavoro». Ma c'è un altro risvolto controverso. «I dati dimostrano che il fenomeno degli infortuni mortali presenta alcune caratteristiche che si mantengono per lo più simili negli anni - osservano gli esperti della società veneta -, a dimostrazione che i tentativi di incidere sui settori più a rischio e sulle cause non sono ancora incisivi. Analizzando le dinamiche delle disgrazie emerge una diffusa carenza della cultura della sicurezza».R.PR.


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